Nella
nostra società il corpo è al centro dell'attenzione; è
proprio nella nostra cultura una certa propaganda del corpo, un'esibizione
del corpo, un modello ben preciso del corpo in cui conta in particolare
l'immagine. Il corpo ci è sempre presente in immagine, basti pensare
a quanto tempo ciascuno di noi dedica a preparare la propria persona. Quel
corpo che viene lavato, vestito, truccato, manipolato. Quel corpo, specialmente
quello dell'adolescente, che guardandosi allo specchio non ritrova
quei canoni di bellezza che la società impone. Una società
che rapporta tutto al corpo, alla bellezza del corpo, al suo successo,
alla sua efficienza, alle sue prestazioni. Per i popoli "primitivi" l'obesità
non ha mai rappresentato un problema. In società in cui la maggior
parte delle attività è destinata alla produzione di cibo,
l'abbondanza resta un mito. In circostanze simili l'obesità, quando
esiste, assume un significato prevalentemente positivo. Essere grasso era
il sogno dell'indigeno, il sogno biblico dell'abbondanza in un paese colpito
dalla fame. Essere grassi è segno di ricchezza e di abbondanza di
cibo, è sicurezza per il futuro, è garanzia di solidità
e di forza. Le preoccupazioni per l'obesità erano invece presenti
nella cultura greca. L'armonia e l'agilità del corpo erano un valore
riconosciuto e apprezzato e le palestre, gli stadi, i giochi ginnici occupavano
un ruolo importante nella vita dei giovani greci. Un elemento nuovo nella
considerazione del corpo e nella sua alimentazione fu introdotto dal cristianesimo.
Per la religione cristiana esiste un dualismo conflittuale tra piano fisico
e piano spirituale.
Nella
società occidentale moderna l'atteggiamento verso il corpo risponde
ad esigenze più profane che sacre.
Il
culto della forma e dell'efficienza fisica, valore emergente nella
cultura contemporanea, si scontra con la passione per la buona tavola,
viva soprattutto nell'area mediterranea. Un comportamento adeguato
nei confronti del cibo è il traguardo da raggiungere anche perché
il giudizio sull'obesità è severo: viene inteso come segno
di debolezza e carenza di autocontrollo nei confronti delle proprie passioni
o di compensazione per carenze e insoddisfazioni presenti a livello affettivo
o sociale, perdendo così di vista quella grande componente della
vita attuale che è il condizionamento dato dalla cultura dei mass-media.
I giovani più influenzati attribuiscono alla magrezza e all'aspetto
fisico un valore che sembra non sia direttamente collegabile alle dinamiche
psicologiche naturali e proprie dell'adolescenza, nè ad un fenomeno
transitorio di moda, ma sia diventato una vera e propria "cultura". E’
la cultura che associa il valore della persona in magrezza e pone le premesse
dei disturbi dell'alimentazione.
Cultura
che è incapace di formulare una considerazione di sè, di
cui l'aspetto fisico, non è un tassello del mosaico dei valori con
cui giudicare se stessi.