mattina: I movimenti della frana fanno sì che
il canale di scarico dell'invaso sia ostruito.
In questi giorni le velocità di traslazione della frana sono decisamente
aumentate. Le fessure del terreno, gli avvallamenti sulla strada, l'evidente
inclinazione degli alberi sulla costa che sovrasta "la pozza". L'aprirsi
della grande fessura che delimita la zona franosa, il muoversi dei punti
anche verso Pineda che finora erano rimasti fermi, fanno pensare al peggio.
Il serbatoio sta calando un metro al giorno e questa mattina dovrebbe essere
a quota 700 m.
h. 12: Durante la pausa pranzo alcuni operai dell'
ENEL
fermi sul coronamento della diga vedono ad occhio nudo il movimento della
montagna.
h. 15-16: Un operaio, attraversando la zona del Massalezza
a una quota superiore alla strada, vede alberi cadere e sollevare con le
radici grandi zolle di terra
h. 22: Per i tecnici, non era escluso che durante
la notte, a causa di qualche franamento, dell'acqua potesse fuoriuscire
dalla diga e preoccupare gli operai della fabbrica.
h. 22.39: " La frana si stacca". Non in due tempi,
bensì come corpo unico, compatto, 260 milioni di metri cubi di roccia.
In quel momento il livello dell'acqua è a quota
700.42 m slm. L'onda di 50 metri cubi provocata dalla frana si divide in
due direzioni.
Investe da una parte i villaggi di Frassen, S.
Martino, Col di Spesse, Patata, Il Cristo. Quindi arriva ai bordi di
Casso
e Pineda. Dall'altra parte, superando la diga, raggiunge Longarone,
Codissago, Castellavazzo.
Infine Villa Nuova, Pirago, Faè, Rivalta, per
poi defluire lungo il Piave. L'onda provoca 1917 morti: 1450 a Longarone,
109 a Castellavazzo, 158 a Erto e Casso e 200
persone originarie di altri comuni, di cui la maggior parte lavoratori
tecnici della diga con le rispettive famiglie. Pochissimi feriti. In tutta
la zona l'unica opera umana che resiste, senza danni, all'onda è
la diga progettata da Carlo Semenza sul torrente
Vajont.