i Volta, si
è parlato, si è scritto, si è fatto quanto era possibile,
in molteplici occasioni, per onorare la memoria e l'opera di questo artefice dell'era moderna. Volta ha dato il via ad esperienze che stanno alla base delle telecomunicazioni. L'elettricità era, al tempo di Volta, oggetto di curiosità e di strani diletti salottieri.
Era di moda un gioco di società: l'elettrizzazione delle persone per mezzo di una macchina elettrostatica a strofinio, come ce lo dimostrano alcune stampe dell'epoca.
Ma Volta era uno scienziato e, al di là di questi interessi mondani, vedeva nell'elettricità statica l'importanza che era giusto collegarvi. A quel tempo un altro uomo di fama eccezionale, Beniamino Franklin, stupiva in America con i suoi studi e le sue esperienze. La prima delle scoperte di Volta in questo, per allora, nuovissimo settore della fisica, è stato nel 1775 l'elettroforo. Necessita fare una parentesi per ricordare che Volta è stato anche un precursore allo studio dell' "aria nativa infiammabile" delle paludi: ossia del gas metano. Per dimostrare la presenza di questo gas, realizzò, nel 1777, la famosa pistola voltaica che può considerarsi l'embrione del motore a scoppio.
L'utilizzo dello scoppio della pistola voltaica a scopo di segnalazione è il motivo per cui Volta entra nel campo delle telecomunicazioni. Da questa primitiva idea di utilizzare l'elettricità per trasmettere a distanza un'informazione, prendevano avvio le più svariate proposte. Agli inizi dell'ultimo quarto del secolo XVII non si parlava ancora della telegrafia ottica che ebbe il battesimo nel 1793 in Francia, ad opera di Chappe.
Ritornando all'uso dell'elettricità troviamo, dopo la proposta voltiana, i progetti di telegrafi elettrostatici ad opera dello svizzero Lesage e dell'inglese Ronald. Sono sistemi piuttosto complicati atti a determinare effetti elettrostatici a distanza allo scopo di segnalare convenzionalmente con le loro combinazioni opportune informazioni. La vera e
pratica telegrafia elettrica nascerà solo con l'avvento della pila. Frattanto,
Volta attua una ininterrotta successione di novità nel campo dell'elettrostatica
e ne discute con accademie scientifiche di tutto il mondo. Abbiamo, così: la
citata lampada a gas metano con accensione a elettroforo, l'eudiometro per l'esame delle acque, il condensatore quale perfezionamento dell'elettroforo per citare solo alcune delle realizzazioni voltiane più significative. Ma a Bologna, nel contempo, nel 1789, il medico Luigi Galvani scopre il fenomeno dell'elettricità animale. Questa esperienza, e la sua diversa interpretazione, conduce Volta a realizzare una svariata serie di prove che, dieci anni dopo, nel
1799, sbocciano nella maggiore delle sue scoperte, la pila. Galvani propendeva per l'elettricità di
origine animale e Volta per l'elettricità metallica di contatto. Ambedue avevano
la loro valida ragione.
Volta, per dimostrare la sua teoria, crea il generatore elettrico a corona di tazze (ogni elemento è formato da un vaso di vetro contenente acqua acidulata o salata, e in questo vaso pescano le lastre dei due metalli, parallele e verticali: per formare la batteria si riunisce elettricamente lo zinco del primo elemento col rame del secondo, e così di seguito, in modo che il primo zinco e l'ultimo rame formano i poli della batteria), e poi la pila a colonna.
Egli, quindi, non pervenne alla sua scoperta in modo casuale, ma, intravisti i fenomeni derivati dal contatto tra i metalli, ne seguì pazientemente la manifestazione fino a che, moltiplicando le coppie metalliche, giunse ad ottenere azioni elettriche di notevole intensità ed indiscutibile evidenza. Il nome di "pila" deriva dal fatto che l'apparato
elettromotore, come Volta lo chiamava, era costituito da un buon numero di coppie di dischi, uno di rame all'altro di zinco, separati da strati di panno imbevuto di una soluzione acida, unendo un filo conduttore a ciascuno dei dischi estremi, l'uno di rame e l'altro di zinco, e chiudendo il circuito, si poteva ottenere il fluire di una corrente elettrica, da cui il nome di elettricità dinamica.. A questo punto, siamo nel 1799, si dischiude un nuovo mondo di fenomeni elettrici.
I primi fenomeni ad attrarre l'interesse pratico sono quelli elettrochimici. Si scopre l'elettrolisi, ossia la scomposizione dell'acqua nei suoi componenti, la galvanostegia, la galvanoplastica, nonché l'elettricità per uso medicinale.
I primi telegrafi elettrici che sfruttano la pila sono di tipo elettrochimico. Ossia, la segnalazione avviene a mezzo dell'attuazione della scomposizione dell'acqua. Ricordiamo il più noto in questo settore: Soemering (1811).
Ma solo la scoperta e lo studio dei fenomeni elettromagnetici ad opera di Oersted, Ampere, Arago, permette di realizzare dei telegrafi, ad indicazione fugace o scriventi, di pratico utilizzo. Ogni nazione civile rivendica un proprio pioniere e difficile è cercare, fra le diverse pretese priorità, la giusta successione dei meriti. Ricordiamo solo alcuni telegrafi che hanno il merito di essere stati i primi ad essere adottati per uso pratico.
Il telegrafo ad aghi magnetici di Wheatstone. In esso gli aghi si spostano in virtù di una corrente circolante attraverso apposite bobine di filo.
Il telegrafo a quadranti indicatori di Brequet. Qui è un indice, comandato da un arpionismo mosso dagli impulsi inviati in una elettrocalamita, che si sposta sulla circonferenza del quadrante su cui sono segnalate le cifre e le lettere. Degni di citazione ci sembrano i telegrafi di Lesage e di Alexandre.(il primo basato su effetti elettrostatici ed il secondo su processi elettrolitici).
Il telegrafo scrivente in codice di Morse , per concludere, è indubbiamente l'esempio più pratico di un apparecchio di grande diffusione. Siamo nel 1837.
Ormai il telegrafo elettrico, grazie alla pila di Volta è nato.
Soffermiamoci su alcune esperienze di Galvani e di Volta che preludono alla dimostrazione dell'esistenza delle onde elettromagnetiche.
Se per radioricezione si intende la possibilità di evidenziare, comunque, ai sensi umani l'esistenza di perturbazioni elettromagnetiche nello spazio, dobbiamo necessariamente risalire alle mirabili esperienze eseguite da Luigi Galvani e da Volta attorno al 1780.
La confutazione da parte di Alessandro Volta, dell'interpretazione data da Galvani ai fenomeni da lui scoperti, condusse all'invenzione della pila (1799).
L'interesse suscitato dall'elettricità così detta "galvanica" e le ricerche fisiologiche dei due scienziati hanno sempre prevalso sulla considerazione di alcuni fenomeni concomitanti, della vera natura dei quali Galvani e Volta non si resero, n´ potevano rendersi, conto. Tuttavia hanno particolare sapore di fortuita e curiosa priorità nel campo della radio. Sarebbe sicuramente assurdo, pretendere di anticipare di un secolo la nascita teorica (Maxwell) e sperimentale (Hertz) delle onde elettromagnetiche, oppure di mettere in discussione la indiscutibile priorità di Marconi nel farne pratica applicazione.
Meno noto è, forse, che, ad un certo momento, Volta fece anche a meno della rana disponendo semplicemente sul tavolo alcuni conduttori uno in fila all'altro, a una certa distanza dalla macchina elettrica, ma non a contatto fra di loro, bensì con un leggerissimo intervallo. Si verificò che, facendo scoccare le solite scariche dalla macchina elettrostatica, egli poté osservare, come testimonianza del passaggio del "fluido elettrico" nei conduttori allineati, delle piccole scintille scoccanti nelle interruzioni tra un conduttore e l'altro.
Ai nervi crurali della rana, Volta aveva sostituito un altro rivelatore: la scintilla stessa che, circa novanta anni dopo, Hertz vedeva scoccare tra le sferette del "risuonatore elettrico" col quale stabiliva l'esistenza e la propagazione, nello spazio, delle onde elettromagnetiche generate dal suo "oscillatore".
Neppure Volta, che perseguiva il concetto di "atmosfera elettrica", poteva comprendere di che veramente si trattasse. Perciò non lo si può certo considerare precursore di Hertz; ma tra queste esperienze dei due celebri scienziati esiste un'identità sorprendente, la quale autorizza a pensare che se l'essenza vera del fenomeno fosse stata intravista, la radiotelegrafia sarebbe forse nata un secolo prima.